Prof. Mario Monti Commissione Europea 200 Rue De La Loi 1049 Bruxelles Oggetto: Se brevettassero il verbo essere... Sig. Commissario, con riferimento alla questione del riordino della normativa sui brevetti in ambito europeo, vorrei unire la mia modesta voce a quella di coloro che ritengono deleteria l'ipotesi di brevettabilità per idee ad algoritmi utilizzati nel software per computers. Questa pratica, purtroppo già in uso sia negli Stati Uniti che in Giappone, se approvata anche in Europa renderà molto difficile per le piccole società e gli sviluppatori di software libero produrre programmi senza il rischio di vedersi citati in tribunale. Un conto è la giusta tutela di un'opera intellettuale nel suo complesso attraverso lo strumento del copyright, un altro è la brevettabilità di elementi fondamentali per la produzione di qualsiasi opera intellettuale. Io sono fra coloro che ritengono che l'Europa abbia diverse cose positive da apprendere dagli Stati Uniti, ma ritengo anche che nel caso specifico le leggi d'oltreoceano non siano un buon modello, e che l'Europa debba ricercare una via migliore in questo campo. Questo potrebbe favorire uno spostamento verso il nostro continente di numerose produzioni software che non possono avvenire liberamente negli USA e in Giappone, con conseguenti benefici per il nostro mercato unico. La pratica dei brevetti software rafforzerebbe ulteriormente i monopoli di fatto già detenuti da poche grandi compagnie, che specialmente negli USA inoltrano ogni anno migliaia di richieste di brevetto, a scapito delle piccole e medie realtà indipendenti, mettendo a rischio posti di lavoro, la competitività ed il mercato, che nel campo del software per computers è sempre più dominato da pochi grandi soggetti. Viviamo in un mondo in cui gli strumenti informatici stanno rapidamente sostituendo le altre forme di comunicazione ed interscambio di idee e beni economici. Le garanzie di equità e libertà in questo campo non sono più un fatto accademico o per "addetti ai lavori", ma stanno assumendo una portata planetaria, dalla quale cominciano a dipendere la stessa libertà e democrazia, al pari di quanto vale per la libertà di stampa, di pensiero e di libera impresa. Riprendendo il soggetto della presente, immaginiamo che da un certo momento fosse possibile non solo sottoporre a copyright i diritti di riproduzione di un libro, o di qualsiasi altra opera intellettuale, ma anche di bevettarne il contenuto, cioè le idee, le frasi, le costruzioni grammaticali. Come sarebbe possibile continuare ad esprimersi liberamente senza il rischio di venire citati in tribunale? Come si potrebbe conciliare questo con la libertà di espressione, e quindi con la democrazia e la Costituzione? Un esempio meno "metaforico" e molto concreto è il formato di compressione delle immagini elettroniche GIF, ampiamente utilizzato dalla quasi totalità dei siti Internet, inclusi quelli istituzionali dei vari Ministeri della Repubblica Italiana. Ebbene, negli Stati Uniti quel formato è brevettato, e tutti coloro che ne fanno uso senza pagare i relativi diritti (inclusi probabilmente i siti ministeriali) sarebbero passibili di denuncia. Questo non è che uno degli innumerevoli esempi di ciò che succede ammettendo la brevettabilità di singoli algoritmi software. Non mi dilungo oltre, consapevole che l'argomento non può essere affrontato in maniera sufficientemente dettagliata nel breve spazio di una lettera. Qualora Lei volesse approfondire la questione, La invito a prendere visione dei siti Internet http://no-patents.prosa.it e http://www.freepatents.org , nei quali sono raccolte una quantità di informazioni sull'argomento dei brevetti software, secondo l'ottica degli sviluppatori indipendenti. Azioni di sensibilizzaziono presso altre cariche politiche ed istituzionali a livello europeo, ed attraverso i media, sono in corso da parte di numerosi gruppi di sviluppatori di software per computers, sia italiani che di altri paesi, specialmente Francia e Germania. Con l'augurio di buon lavoro, distinti saluti