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Editoriale


Una questione di cultura...

di Marco Presi e Giampaolo Podda

Sabato 11 Ottobre ho partecipato al LiMe 2002, il Linux Meeting organizzato a Roma dall'omonimo LUG arrivato ormai alla sua quarta edizione. Al di là delle interessanti conferenze cui ho partecipato forse la parte più stimolante, per me, è stata una lunga e costruttiva chiacchierata con Marco Presi il presidente del LUGRoma. Questo articolo nasce dalle riflessioni portate avanti da Marco, tanto da poterlo considerare coautore di questo editoriale, che mi hanno particolarmente colpito e interessato.

Il punto centrale di tutto è che l'associazionismo che gira intorno al Software Libero in Italia dovrebbe badare, specialmente quando ci rivolgiamo allo Stato, alla promozione del SL in senso culturale piuttosto che all'aspetto economico che, per quanto importante non è sicuramente l'aspetto più interessante per un soggetto istituzionale. Il SL difatti può offrire a questi ultimi ben altre libertà e vantaggi.

Porre troppo l'accento sui vantaggi economici può rivelarsi controproducente, oltre che non sempre vero in assoluto, tanto che anche l'avversario per eccellenza del SL la Microsoft, l'ha capito e comincia a battere anche su questo tasto oltre che sul più classico FUD.

In un certo senso il vantaggio economico non "conta" quando ci interfacciamo con lo Stato, o meglio non deve essere presentato come primo vantaggio. La sicurezza dei dati, il valore educativo maggiore (nel caso dell'istruzione) la possibilità di "acquisire" un patrimonio (come ha fatto il Comune di Guidonia), questi sono i punti su cui dovremmo far forza.

Non dimentichiamoci poi le economie di scala possibili. Facciamo un esempio: il già citato Comune di Guidonia ha fatto realizzare, ad una società informatica, un software per la gestione di uno sportello telematico rilasciato sotto GPL. Ovviamente la società ha ricevuto il compenso pattuito e tutto è finito li ma, visto che il software è sotto la General Public License il Comune potrebbe venderlo anche ad altri enti locali suddividendo quindi il costo finale e creando un ulteriore volano allo sviluppo: la software house che ha realizzato il programma, un'altra società di fiducia o anche forze interne alla pubblica amministrazione, si renderanno certamente disponibili per le modifiche e gli aggiustamenti necessari.

Se non spingiamo su questo, nella PA, quello che ci si prospetta è vedere Oracle su Linux anzichè su NT (DB@RedHat esiste già....), che secondo noi NON è il nostro obiettivo.

Ci sono già esempi di enti locali che si stanno movendo sul terreno dell'utilizzo del SL e c'è una legge presentata in Parlamento. Tutte queste iniziative sono già un buono inizio indicando il principio della preferenza del SL. Quello che manca a questi provvedimenti è un carattere di "operatività". Ossia, dire dove, come e quando va usato il SL (es: un elenco o una definizione di formato aperto, etc.). Purtroppo la burocrazia è quello che è...

Senza queste indicazioni, la scelta di utilizzare SL viene lasciata all'iniziativa dei pochi singoli che mettono passione nel loro lavoro (come ad esempio i professori delle superiori che svolgono un'attività encomiabile) che da sola non basta.

Per ovviare a questi "bugs" rendendo sempre migliori queste iniziative c'è bisogno di un sostegno sempre maggiore sia quantitativamente che soprattutto qualitativamente. Tale sostegno, non mi stanco di ripeterlo, si può avere solo lanciando una grande campagna di informazione e formazione culturale a livello locale.

Senza dover smuovere grosse agenzie comunicative basterebbe che ogni gruppo o associazione di appassionati organizzasse piccole conferenze, momenti di dialogo e discussione creando così un largo fronte comunicativo che, prima o poi, porterà i suoi benefici.

Infine una precisazione. Questo articolo non vuole essere un rimprovero a chi si dedica alla "evangelizzazione delle aziende informatiche" quanto un contributo alla riflessione. Se ci saranno sempre più aziende, enti o singoli che faranno richiesta di applicazioni SL prima o poi le tantissime piccole e medie aziende informatiche che operano in Italia cominceranno a chiedersi se non sia il caso di fare il grande salto magari scoprendo che così ci guadagnano pure senza dover far uscire dall'Italia la maggior parte del fatturato.

Ai posteri l'ardua sentenza... Ciao e alla prossima!.


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