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Tony Mobily


Intervista a Tony Mobily

di Marco Marongiu

L'articolo...

Tony Mobily

Nei mesi scorsi ho avuto modo di intervistare Tony Mobily via e-mail. L'incontro è durato circa due settimane nelle quali Tony si è mostrato estremamente cordiale, tanto che alla fine sembrava più una chiacchierata fra vecchi amici che un'intervista.

Le domande, talvolta pungenti, hanno riguardato un po' di tutto: il suo lavoro, la stampa informatica italiana, Linux, i linguaggi di programmazione. Ciascuna domanda ha ricevuto una risposta decisamente interessante.

Nell'intervista Tony accenna brevemente anche al libro che, all'epoca, aveva appena finito di scrivere; è stato recentemente pubblicato con il titolo "Hardening Apache".

Se le informazioni contenute in questa intervista non vi dovessero bastare o se dovessero accendere la vostra curiosità, potete fare un salto alla sua homepage: http://www.mobily.com/.


Cominciamo con qualche dato su di te. Tony 'Merc' Mobily, vivi fra l'Australia e l'Italia, sei technical editor di Login, articolista per il Linux Journal e...? Cosa ho dimenticato?

Oddio... Ora mi metti in imbarazzo!

In realtà, più che vivere fra l'Italia e l'Australia, ora vivo in Australia (e vengo nel Bel Paese in vacanza qualche mese ogni paio d'anni).

Professionalmente parlando ho scritto il libro "Hardening Apache" per l'ormai defunta Wrox Press. I diritti d'autore del libro sono stati acquistati da Apress, che mi ha richiesto una revisione/riscrittura completa del materiale. L'uscita del libro è prevista a dicembre o gennaio.

A proposito di scrittura, ho appena finito il mio primo libro di narrativa: una raccolta di sedici racconti.

E poi... Mi sono laureato in Computer Science ed in English - performance studies: inoltre sto studiando danza classica e jazz a livello professionale. Ma questa, immagino, è un'altra storia :-)

Hai sempre vissuto in Australia oppure sei emigrato?

No, sono qui da "appena" sette anni... Ho dovuto contarli, non pensavo che fossero così tanti...

Ma devo dire che sto benissimo qui. Al momento, non mi vedrei da nessun'altra parte...

Quando hai cominciato ad interessarti di informatica, su quale sistema e quando sei arrivato a  Linux?

Ho iniziato a programmare sul mitico Commodore 64 a circa 9 anni. Era BASIC, ovviamente, e ricordo di aver avuto enormi problemi a capire certe cose! Sono diventato un vero "computeromane" a tredici anni, con un Olivetti PC1 ed il Turbo Pascal. Quando Windows 3.0 è uscito, io mi sono rifiutato categoricamente di installarlo! A Linux ci sono arrivato a diciassette anni, ma per me - strano a dirsi - non è stato il primo "Unix". A sedici anni andavo alla mitica PSA, una ditta che sviluppava software gestionale sotto AIX (lo Unix di IBM) e Walter, il boss con cui avevo fatto amicizia, mi permetteva di usare il loro sistema Unix per fare pratica. Avevo persino accesso come "root"! Lì ho imparato a programmare in C. Per me, installare Linux è stato una sorta di "Guarda, posso avere una cosa come Unix, ma sul mio PC e senza dover pagare una licenza a SCO!". Da lì ho scoperto GNU, la GPL e tutto il resto.

La mia attrazione nei confronti di Unix era motivata dal fatto che DOS mi frustrava in quanto era patetico e, soprattutto, monotask. Sapevo che un PC poteva fare molto, molto di più.

Hai sempre usato la stessa distribuzione oppure, come hanno fatti in tanti, ne hai provato diverse fino a trovare una "confortevole" sulla quale fermarti?

Come tante altre persone, ho cominciato da Slackware. Devo dire la verità: non mi piaceva. Io sono un tipo molto ordinato - forse troppo ordinato - e non riuscivo a sopportare il modo in cui il file system era organizzato. Non che AIX fosse esattamente il massimo dell'ordine, ma...

Poi, ho scoperto RedHat 3.0.3, e mi sono innamorato della sua organizzazione.

Quale distribuzione di Linux usi attualmente e perché?

Io uso RedHat, perché semplicemente è quello a cui sono abituato. Ne ho provate altre, ma... È come portare un paio di scarpe troppo piccole!

Quale quella che ti è piaciuta di meno?

Non ne ho provate molte, quindi veramente non vorrei rispondere...

Se dovessi proprio cambiare, devo dire che Debian mi attrae moltissimo. Sono persone veramente in gamba e fanno le cose fatte per bene. Se dovessi cambiare, e ci ho pensato diverse volte, passerei a Debian.

Parliamo della stampa "tecnica", un campo che conosci dall'interno. Condividi l'opinione, abbastanza diffusa fra gli "addetti ai lavori", che la maggior parte delle riviste "tecniche" italiane siano poco più che carta straccia e che le riviste veramente valide si possono contare sulle mani?

Purtroppo, devo essere proprio sincero... Sì!

Secondo me, è un problema di risorse e di tempo.

Risorse, perché è difficilissimo - specialmente in Italia ma anche all'estero - arricchirsi facendo una o più riviste. In questo momento la pubblicità scarseggia a causa della crisi. Di conseguenza, spesso, mancano semplicemente le risorse (vedi: i soldi) per fare le cose "perfette".

Ma è anche un problema di tempo: venire fuori tutti i mesi con cento pagine belle da leggere, scritte professionalmente e, soprattutto, controllate tecnicamente è veramente difficile. Alcune volte (e questo è vero dappertutto) devi semplicemente "lasciare correre" o fidarti dei tuoi articolisti.

È un problema culturale italiano?

Oh no... Assolutamente no. Basta andare a vedere alcune riviste straniere: comparate a moltissime riviste italiane fanno semplicemente ridere. E parlo di riviste internazionali blasonate. Non voglio fare nomi, perché veramente non ce n'è bisogno: basta sfogliare una bella rivista italiana, ed una "famosa" rivista americana per vedere la differenza.

Per andare un po' "off-topic", per me, uno dei problemi delle riviste tecniche italiane è la lingua! Chi scrive articoli tecnici si sente in qualche modo in dovere di "scrivere complicato", come se stesse scrivendo delle leggi. In sostanza, secondo me, è più facile "aggiustare" un articolo in inglese scritto un po' male che non uno in italiano...

Pensi che l'italiano medio abbia una cultura informatica troppo modesta?

No, nel modo più assoluto. La cultura informatica di un "italiano medio" (se esiste) è la stessa di un australiano medio, o americano medio, o tedesco medio, e così via.

Le "capre" che pensano di sapere tutto sono dappertutto e sembrano comportarsi seguendo un preciso stile, un insieme di regole, tanto che a volte pensi: ma questi hanno studiato tutti un manuale apposta?

Quelli che pensano che Microsoft sia l'unico mondo possibile... Anche quelli sono dappertutto.

Chiacchierando con alcuni amici ho avuto modo di sentire un po' di malcontento riguardo all'ambiente che si è formato intorno a Linux in Italia. Tu come la vedi?

Onestamente, non lo so... Io ho lasciato l'Italia sette anni fa, quando Linux era questo "giocattolino" che cominciava appena a fare sul serio, ma le ditte dicevano ancora: "Eh, e poi se qualcosa va storto chi denunciamo?". Sono arrivato in Australia, e c'era esattamente la stessa situazione (se non peggio!). Qui in Australia ora le cose sono cambiate, e di molto. Io presumo che lo siano anche in Italia, ma...

Parliamo di free software. Cosa pensi dell'idea di free software in generale e della GPL?

Ecco come la vedo io. Sembrerà un po' radicale, ma...

Il free software non è una "novità", come alcune persone credono. Fino a pochi anni fa (prima degli anni '80), il "free software" non era neanche l'eccezione, ma la regola. Poi, qualcuno ha pensato di impacchettarlo facendo finta che fosse un "prodotto" e, con un misto di corruzione, fortuna, intraprendenza e marketing, ci è riuscito.

Fortunatamente, questa era sembra essere ora in forte declino (date un'occhiata al valore delle azioni delle ditte che producono solo software).

La GPL è qualcosa di fondamentale, per permettere al free software di co-esistere legalmente, in un mondo in qualche motivo convinto che il software sia un "prodotto" invece che un "servizio". È una perla di Richard Stallman, senza la quale non ci sarebbe GNU, senza la quale non ci sarebbe Linux così come lo conosciamo noi.

Se nessuno si permettesse di vendere software, la GPL sarebbe superflua. Purtroppo non è così, e la GPL fa in modo che chi produce software commerciale non possa avvantaggiarsi del software libero. La GPL è fondamentale e proprio per questo tanto odiata da chi scrive software non libero.

La cultura informatica italiana sembra non essere adeguata agli strumenti "chiusi":  pensi che sia pronta per il Free Software o l'Open Source?

Onestamente, non sono sicuro che una cultura di qualsiasi genere possa non essere adeguata a degli strumenti. Io credo che ogni cultura si adegui a ciò che è a disposizione.

Se una persona è in gamba, sarà un bravo programmatore Visual Basic o un bravo programmatore C ed anche il contrario è vero: un incapace rimane incapace indipendentemente dagli strumenti a disposizione.

Secondo te come concepiscono l'informatica le persone che, senza sapere cosa farsene, oggi possono accedere - con pochi euro - alla potenza di calcolo di un supercomputer di qualche anno fa?

Come ho scritto, le persone usano quello che gli viene dato. In questo momento, qualunque sia l'interfaccia usata (Windows XP, Gnome, KDE, ecc.), io non vorrei essere nei panni di un povero nuovo utente che deve imparare tutto da zero. Forse Macintosh si salva un po', ma neanche troppo.

Se ci pensi un attimo, è facile per noi: io sono cresciuto con DOS, mi sono "evoluto" a Windows, ho fatto la svolta con Linux, ecc. Ma una interfaccia grafica così come è concepita ora è, per gli inesperti, un completo incubo. È come una macchina con la complessità di un elicottero.

La soluzione dei problemi di qualsiasi tipo (anche sulle autovetture) spegnendo completamente una macchina e riaccendendola è una cosa giusta?

Ovviamente si! :-)

Scherzi a parte, è una questione di punti di vista. Se un utente è disposto a farlo, allora non c'è problema. Fortunatamente, molti utenti non sono disposti ad accettare una tale limitazione (almeno per ora), che è quindi "inaccettabile".

Dipende anche dall'ambito in cui viene usato il computer. Per alcuni, il fatto che il kernel Linux può funzionare poco più di un anno, prima che un contatore interno usato da moltissimi driver faccia fare un reboot secco, è un dramma e rende Linux inutilizzabile...

Non è che il peggio della cultura informatica finisce per condizionare veramente la nostra vita, mentre delle cose positive non si vede ombra?

Non credo, almeno, io non sarei così pessimista!

Open Source Initiative e Free Software Foundation: due modi diversi di portare avanti un'idea che, disgraziatamente, hanno avuto la sfortuna di scontrarsi ad un dato punto (il caso della licenza Apple approvata dalla OSI ma non dalla FSF). Cosa vedi di giusto e cosa di sbagliato nel modo in cui le due organizzazioni portano avanti la loro idea?

Di nuovo, è una questione di libertà. Io in generale sto dalla parte della FSF. Ma questo non significa che la OSI sia in torto o che stanno sbagliando qualcosa (o tutto). Significa che partono da principi diversi, ed hanno standard diversi. E questo va bene.

La Ximian sta lavorando alacremente alla realizzazione di Mono: qual è la tua opinione riguardo a questo progetto? E se ci sono differenze rispetto a .NET, quali sono?

Onestamente, non conosco abbastanza MONO o .NET per esprimere giudizi significativi. Ho paura, però, di vedere Linux rincorrere tecnologicamente Windows, rincorrendo sempre una compatibilità (vedi Wine).

Quante software house hanno capito il significato di Free Software e lo usano/producono per quello che è?

Poche, pochissime. Qui a Perth ho visto diverse situazioni. Per esempio:

Quante software house usano software licenziato GPL nei loro prodotti in violazione della licenza e la fanno franca?

Secondo me tante, tantissime. Un esempio: secondo me il fatto che il primo "killer ping" uscito funzionasse sia su Linux che su Windows (e su nessuna altra piattaforma) sarebbe stato da investigare con molta attenzione. Con il free software ci sono i sorgenti: questo significa che rubare è veramente facilissimo e controllare che non ci sia stato il furto è praticamente impossibile.

Il problema è arginabile?

Non credo che il furto di software GPL, operato da minuscole software house (ma esistono ancora?), sia realmente un problema. Il dramma secondo me è che i "grandi" lo fanno, a mio modesto avviso, sistematicamente. Se devo essere proprio sincero, se io fossi una grande software house senza scrupoli, non mi porrei neanche il problema: il codice è li? Sì. Possiamo essere beccati? No. Allora che aspettiamo? Quello è più un problema, perché il lavoro di individui geniali viene rubato per fare milioni e milioni di dollari.

Alcuni linguaggi i cui compilatori sono da sempre stati pubblicati con licenze libere si sono affermati per l'accoglienza avuta nelle comunità di sviluppatori (penso al Perl e al Python principalmente). Secondo te, quanto del successo di Java è dovuto alle caratteristiche del linguaggio e quanto alle spinte di SUN & C.?

Un po' entrambe le cose. SUN ha imitato Microsoft nella sua opera e sembra aver funzionato.

Però è certamente vero che Perl e Python, per esempio, sono largamente conosciuti esclusivamente per i loro meriti, mentre lo stesso certo non può essere detto di Java.

Java, a tuo avviso, ha mantenuto le sue promesse? Ha poco più di sette anni: possiamo tirare le somme?

Ora rispondo, ma ricorda che queste sono solamente le mie opinioni :-)

Per il lato client, a me sembra di no, nel senso che le applicazioni Java hanno tuttora, nel 2003, problemi di performance (!). Possono dirmi quello che vogliono, ma tre giorni fa la mia macchina Linux è stata uccisa da un'applicazione Java a causa delle risorse richieste. Però la guerra sembra ancora aperta su PDA e telefonini...

Sul lato server, Java è una opzione sicuramente da considerare. Mi piacciono molto le servlet e dovendo scegliere tra Java e PHP sceglierei Java, se non altro perché almeno il linguaggio non mi cambierebbe sotto la tastiera mentre scrivo il codice...

Microsoft sembra aver abbracciato la strada del bytecode, di una Virtual Machine: pensi che Java sarà sostituito da C# in qualche anno?

Onestamente? Non credo. Secondo me, Microsoft non ha bisogno di bytecode, che è un espediente per creare programmi realmente indipendenti dalla CPU. A me sembra più una dimostrazione di "forza", un voler dimostrare di poterlo fare.

"Write once, run anywhere" era lo slogan di Java qualche anno fa. Oggi abbiamo una moltitudine di specifiche: J2SE, J2ME con i vari CLDC, CDC, MIDP, PP, PBP... Tutti "leggermente" incompatibili tra loro (una MIDlet ha bisogno di uno strato di emulazione per girare su PC!). È ancora valido lo slogan o è solo utopia?

È un sogno, che secondo me oggi ha perso di significato proprio grazie a Linux (e, di conseguenza, Unix). Ricorda che cinque o sette anni fa il predominio di Microsoft dal lato client era assolutamente fuori discussione. Macintosh sembrava avvicinarsi velocemente alla fine (ed infatti ci sono andati vicinissimo), OS/2 era una barzelletta tra gli addetti ai lavori... Java (o più in generale una macchina virtuale indipendente da Windows) sembrava, a quel punto, l'unica via di uscita possibile.

Ora tutto è cambiato: in molti mettono in discussione la predominanza di Windows lato client grazie alla riscossa di Linux ed i suoi desktop. Insomma, si vede una via di uscita.


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