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Agorà


Lettere aperte ai pirati dei media

di Simone Stevanin

L'articolo...

Nell'articolo sono raccolti gli interventi di alcuni attivisti nel campo del software libero aderenti al PLUTO in risposta all'intervento di John Rebeld sulla lista PLUTO-soci, al comunicato del CopyriotCafè di Padova e all'intervista di un suo esponente a Punto Informatico.



Giovedì 28 aprile 2005, in prossimità dell'EuroMayDay005, CopyriotCafè ha rilasciato sul proprio sito web un comunicato, ricevendo poco dopo frammenti dello stesso con relativi commenti.

Il 6 maggio scorso, è stata pubblicata su Punto Informatico un'intervista al portavoce del gruppo CopyriotCafè, Nicola Grigion. Nei locali (del Comune di Padova, occupati abusivamente) dove si ritrovano i giovani che vi aderiscono, si parla di politica del futuro, si può navigare su Internet in maniera del tutto gratuita e si possono copiare "liberamente", non a caso messo tra virgolette, CD e film.

I membri di CopyriotCafè hanno cercato più volte di entrare in contatto con le realtà che si occupano di software libero in città fin dalla costituzione del loro gruppo, senza trovare molto riscontro. Qualche giorno fa uno di essi, John Rebeld, ha cercato di spiegare le ragioni del loro operare sulla mailing list PLUTO-soci, invitando i soci del PLUTO e quelli dell'Associazione Faber Libertatis a lavorare con loro. Ha ricevuto una serie di commenti poco propensi alla collaborazione, alcuni riportati di seguito.

Non vorremmo che si pensasse che la reticenza a collaborare o ad entrare in contatto con una simile realtà sia frutto di un atteggiamento volto ad affermare la superiorità delle associazioni patavine e nazionali che operano nel campo del free software. Semplicemente, gli scopi e gli ideali che supportano CopyriotCafè, PLUTO, PLUTO Padova e Faber Libertatis sono nettamente differenti, anche se, molto marginalmente, si possono sovrapporre per alcuni aspetti.

A scopo esplicativo, con questo articolo riassumeremo in un unico documento la risposta al comunicato di CopyriotCafè, all'intervista di Punto Informatico e all'intervento di John Rebeld di alcuni esponenti della comunità del software libero aderenti al PLUTO: Alberto Cammozzo (coordinatore del progetto ReFUN del PLUTO Project), Paolo Molaro (sviluppatore Debian/Ximian e socio del PLUTO) e Manuele Rampazzo (presidente dell'Associazione Faber Libertatis e socio del PLUTO). In italico alcune parti del messaggio di John Rebeld, inserite per permettere una miglior comprensione delle risposte date.

Alberto Cammozzo

Caro E. e amiche/amici,

grazie per la lettera che cerca amichevolmente di entrare in dialogo con noi bacchettoni del PLUTO. Parlerò a titolo personale; spero però che almeno diverse delle cose che dirò saranno condivise da altri.

Primo punto: Free software e etica.
In diverse occasioni ci siamo trovati tra noi a discutere a lungo e in modo molto acceso su cosa significasse essere "gente di free software" e che cosa questo comportasse sul piano etico e politico in generale. Ci siamo chiesti se il free software fosse di sinistra, se fosse etico, pacifista, non violento e addirittura vegetariano, e siamo giunti alla conclusione che il free software è essenzialmente, imprescindibilmente, radicalmente libero. Poi può anche essere etico, etc... Chi di noi, sentendosi di sinistra, dice che il Free Software è "di sinistra" fa un torto a quelli non lo sono e alcuni di noi hanno il voltastomaco solo a vedere videogame bellicosi e sanguinolenti anche se liberissimi. Il Free Software nasce da un background etico, e molti lo usano per fare del mondo un posto migliore (specie per chi si trova oltre il "divario digitale"), ma è estrememante probabile che la prossima "arma di fine di mondo" sarà infallibilmente guidata da un bel kernel GNU/Linux. Addio software etico (e addio mondo).

Secondo punto. Free Software e "pirateria":
Per anni abbiamo dovuto combattere contro il pregiudizio, diffuso dai media ignoranti e ghiotti di termini succulenti, che hacker è uguale a pirata e che chi usa Linux è uno che copia Windows. Non potete immaginare quanto questo sia radicalmente distante dal vero: molti di noi sono costretti ad autentiche acrobazie per non usare Windows sotto nessuna condizione di licenza, legale o illegale che sia, pagata o non pagata. Abbiamo dietro anni e anni di fiero rifiuto, di autentica obiezione di coscienza che ci ha esclusi dagli allegati Word, dalle presentazioni Power Point, perfino dai filmati spiritosi. Anni di auto-esclusione da certe opportunità di lavoro. Un ghetto nel quale siamo stati per anni, sotto lo sguardo ironico di chi diceva: "ma che te ne frega, puoi copiarlo gratis!". Per molti è stata l'occasione di imparare a fare da se con fatica e soddisfazione quello che altri trovavano già fatto.
Da quel ghetto stiamo uscendo ora, grazie alla coerenza instancabile di molti che si sono rifiutati di installare programmi che offendevano la libertà, e ne hanno scritti degli altri, liberi, e li hanno diffusi. Perciò ribadisco, per l'ennesima volta: il Free Software non ha nulla a che vedere con la copia del software proprietario. Non vogliamo il software proprietario nemmeno se ce lo regalano, perché se ce lo regalano è per assoggettarci.
Copiare software proprietario può apparire un atto di ribellione, ma non è altro che un gesto di profonda omologazione. La facilità di copiare i più diffusi software e distribuirli è sempre avvenuto con il beneplacito sostanziale delle casa che li producevano, ben consapevoli che il "pirata" di oggi sarà un cliente di domani, e prima o poi il verrà costretto a pagare. Il codice resta proprietario, e l'utente schiavo. Bella ribellione! Le attuale leggi liberticide e il potere della BSA sono il logico e corente esito di quella premessa.
Copiare software proprietario, legalmente o meno, equivale a diffonderlo, a propagandarlo, a crearne il bisogno, ed questo è precisamente ciò che noi combattiamo: la diffusione del software proprietario.
Il modo per combatterlo è rifiutarlo, non usarlo, fare obiezione.
Questo, cari amici, è il nostro modo di ribellarci.

Anche se sono assolutamente certo che in molti di noi condividono quanto pensate sul DNA, sui brevetti, sui libri di testo, sulla musica, sui diritti civili, sui DRM, sulle limitazioni ai migranti, sull'accesso al credito e altro. Adesso forse potrete capire perché il mondo del Free Software sia così freddo di fronte al vostro entusiasmo. In primo luogo perché, benché il Free Software sia anche un fatto politico, è prima di tutto un fatto di libertà e di software, e aderirvi non implica necessariamente ulteriori scelte di campo politiche. In secondo luogo non vogliamo, non possiamo, essere accostati con chi copia e diffonde software proprietario: chi lo fa danneggia gli utenti del software e rafforza chi produce software proprietario.
Articoli come quelli su Punto Informatico per la comunità Free Software sono un danno. Eventi che associano la parola hacker a chi copia e diffonde software proprietario sono un danno. Associare "open source" a "cracking" è diffondere ignoranza dannosa. Usare la parola "liberato" parlando di software proprietario copiato è un errore dannoso.
Credere che copiare software proprietario equivalga a liberarlo è come minimo una grave ingenuità, e di fatto un grosso aiuto a chi lo produce.

La scelta della comunità Free Software di fronte al software proprietario è stato: rifiutarlo, e fare da sè quello che era costretto a rifiutare. Questa è la strada creativa più faticosa del copiare, ma che dà molta più soddisfazione e libertà per tutti.

Non copiare il software, fattelo e diffondilo! Che può essere esteso anche a non copiare la musica/conoscenza/... , fattela e diffondila!

Paolo Molaro

> Il ragionamento su OS e freesoftware non ci impedisce
> però di allargarci e addentrarci nel discorso
> sull'accesso alla cultura, al fatto che siamo studenti
> e ricercatori universitari, che i libri costano uno
> sfacelo, così come i cinema, le mostre, i CD, le
> medicine, etc.
[...]
> Ci sono anche quelli che in Brasile occupano le terre
> dei grandi feudatari per poter dare, attraverso la
> condivisone collettiva di conoscenze e percorsi
> educativi di autoformazione, cibo, cultura e
> dignità ai loro figli.
> Sono i Sem Terra, in Brasile sono undici milioni.
> Eppure occupano le terre e sono *fuori legge*, ma noi
> siamo con loro.

Ci sono comportamenti giusti che non sono legali, questa non è una cosa nuova, la sappiamo da oltre duemila anni, anche se concordo che ogni tanto fa bene ribadirla.
Ma questo non significa che tutti i comportamenti non legali siano giusti (o intelligenti). La tua logica è a dir poco infantile: la lotta per la sopravvivenza ha ben poco a che vedere con uno studente di ingegneria che si scarica un film porno o l'ultima canzone di qualche divo momentaneo della settimana scorsa.

> Sinceramente non abbiamo ricevuto eccessiva
> disponibilità, soprattutto nel tessuto informatico
> padovano...

Per fortuna, dico io. Associare il software libero con la gente che 'pirata' musica e software proprietario è un'operazione estremamente dannosa per la comunità del software libero. Non state 'piratando' solo quelle sanguisughe che sono le industrie musicali e cinematografiche, i docenti dei corsi universitari che impongono di acquistare i loro libri (spesso malfatti), le aziende di software proprietario. State 'piratando' anche le comunità del software libero, vanificando anni di educazione alla libertà. State favorendo quelle stesse industrie che dite di combattere, diffondendo il loro software proprietario e contribuendo a far considerare la comunità del software libero una manica di cialtroni, incapaci di costruire.

Noi il software non lo piratiamo: lo scriviamo e lo condividiamo.
Parla con un indio latinoamericano e probabilmente ti dirà che lui preferisce coltivarsi la sua terra piuttosto che andare a rubare i frutti al mercato. E sai perché? Perché così è libero.
Non sarebbe libero se fosse schiavo del dover rubare per sopravvivere. è una questione di dignità personale. Il software, la musica anche i film adesso: ognuno può produrli e condividerli a basso costo. Se vi serve aiuto per produrre la vostra cultura sono sicuro che avreste molto più supporto.
Se vi serve aiuto per copiare le canzonette di un gruppo sfigato (o meno), troverete poca solidarietà.
Dici che siete studenti e ricercatori universitari: mi passi il link alle dispense e ai testi per preparare gli esami di cui siete esperti, preparati e scritti da voi?
Va bene anche se adattate quelli messi a disposizione online da alcune università americane, proprio per lo scopo di migliorarli e diffonderli. Cominciate da lì, da voi.

Manuele Rampazzo

> Abbiamo cercato di entrare comunicazione con Pluto e
> la Faber

Confermo, per quel che riguarda il Faber. A suo tempo demmo anche la nostra disponibilità a venire a farci uno spritz da loro, in modo da dialogare in modo informale e cercare di spiegar loro dei concetti che evidentemente non avevano ben chiari...

Ovviamente il tutto compatibilmente col tempo a disposizione che, come per tutte le persone che hanno molte attività nella propria vita, non è granché sufficiente: infatti ancora non siamo andati, perché il tempo a disposizione per le nostre vite è sempre troppo poco.

> Sinceramente non abbiamo ricevuto eccessiva
> disponibilità, soprattutto nel tessuto informatico
> padovano....ma non siamo integralisti e la comunità
> che stiamo costruendo, concedetemi il termine, vuole
> essere *open source*, attraversabile e che attraversa,
> contaminata e contaminante.

Quello che John Rebeld deve capire è che è sbagliata innanzitutto la modalità di approccio che han tenuto con l'ultimo comunicato: non potevano cercare parole, termini *peggiori* per cercare un incontro, un dialogo con il "tessuto informatico padovano"!

Sicuramente ci sono persone, nel "tessuto informatico padovano", che simpatizzano o se non altro condividono un certo numero di questioni affrontate dal Copyriot, che si dispiacciono per i costi eccessivi dei libri piuttosto che dei CD, ecc.... probabilmente, oserei dire, c'è gente addirittura più /estremista/ di loro nel citato "tessuto"! Ma comunicati come il loro possono, nel migliore dei casi, far dire ad un informatico evoluto padovano: «ma questi capiscono quello che scrivono?»

E non si tratta di parlare in informatichese! Per carità! Si tratta, molto banalmente... di non fare confusione.

Ecco! Forse il principale problema di John Rebeld e gli altri del Copyriot è di non capire che nel momento di parlare con degli informatici - degli attivisti informatici - devono innanzitutto fare in modo di non fare dei grandi, colossali "mischiotti"? Siamo gente precisa, noi, forse è una conseguenza del lavoro che facciamo, chi lo sa, ma di sicuro tolleriamo poco le imprecisioni, specialmente se in qualche modo ci coinvolgono.

E poi io credo che, una volta tanto, John Rebeld e compagni dovrebbero fare lo sforzo di abbandonare un certo modello di retorica, di "stile" nei comunicati che forse poteva (o può andar bene) in altri contesti, ma che non è che sia così idoneo a parlare con noi informatici attivisti del Software Libero, anzi, s'è visto...

Tralasciando naturalmente il fatto che mi sembra *come minimo* un segno di rispetto quello di imparare a parlare nel modo corretto del Free Software, cioè di quella Rivoluzione - rivoluzione informatica, ma in fin dei conti anche economica/sociale/culturale - *libera*, tranquilla e "rispettabile" anche per chi lavora in giacca&cravatta, eppure così radicale nella sua alterazione del "sistema" e con la più clamorosa e penetrante influenza globale tra quelle avvenute nella storia recentissima...

Oserei dire, una Rivoluzione di ben maggiore successo rispetto a quanto fatto dai vari proclamatori che cantano sempre la solita musica con sempre le solite note.



L'autore

Simone Stevanin, coordinatore generale del PLUTO Project.


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